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Roberto

Storie Tossiche

Roberto

State per leggere una storia decisamente singolare, una doppia relazione tossica vissuta da un’unica persona. È l’esperienza di Roberto, attore quarantenne di Milano e del suo legame con Claudia, veterinaria trentottenne di Bologna.

V: Roberto, un tempo mi sarei stupita del fatto che una personalità forte come la tua, con un profilo professionale e artistico così importante sarebbe rimasto coinvolto in una relazione tossica. Oggi so benissimo che invece…

 R: …che invece la mia personalità è una calamita per donne narcisiste, io ne ho incontrate davvero tante e oggi, dopo l’ultima relazione, l’ho capito.

Si presentano come persone di grandissimo successo e grandissimo valore. Persone che spiccano e brillano all’interno di un contesto sociale e che sono alla ricerca di un rapporto unico, sfavillante perché tutto questo fa sembrare che ci si trovi davanti a un’unione perfetta tra due persone di successo che hanno una loro specialità. I narcisisti, dunque, sono molto attratti da chi fa una professione artistica o di successo, rappresenta per loro un’evoluzione del proprio status.

V: Approfondiamo questa cosa prima di addentrarci nella tua storia.

R: Noi siamo abituati a pensare per macrocategorie, il love bombing per esempio, come se tutto appartenesse ad un unico rituale, invece, è opportuno chiarire che tra un narcisista e l’altro, oltre alla comune attitudine alla manipolazione, c’è da considerare la diversa abilità, cultura e intelligenza dei soggetti, uomini o donne che siano. Ci sono quelli più imbranati, basici che trovano terreno fertile soltanto con persone inesperte, ingenue, sostanzialmente sprovvedute. Ci sono, al contrario, quelli scaltri e sottili che sono molto più difficili da riconoscere, dunque, anche una personalità forte davanti a un narcisista particolarmente abile, non voglio dire cade perché sembra quasi implicare un giudizio di colpa, però, nel legame ci entra.

Non facciamo quindi l’errore di pensare che solo le persone deboli e particolarmente ingenue si facciano irretire da un manipolatore. Credo addirittura sia la forma di narcisismo più diffusa proprio perché è meno plateale.

 V: Raccontaci di Claudia.

R: Claudia, una donna bellissima di 38 anni apparentemente eccezionale, una veterinaria che opera nella clinica di famiglia. Questo lascia comprendere ulteriormente quanto sia efficace la maschera con la quale si presenti. Una persona che cura gli animali la si vede mossa dagli intenti più nobili del mondo, pensi di aver incontrato un’anima dal valore smisurato. Lei era così presente, dolce, premurosa, affettuosa, anche per la spiccata sensibilità di chi svolge questo tipo di professione, pensavo.

Col senno di poi sono arrivato alla conclusione che persino la scelta del lavoro serva a costruire per sé stessa e agli occhi degli altri questa maschera di ego grandioso, lei ha bisogno di un’attività che comunque la faccia sentire una donna straordinaria. In realtà degli animali non gliene frega un cazzo, sono solo oggetti di seduzione per dire a tutti “guardate quanto sono brava, quanto sono sensibile, quanto sono grande, quanto sono meravigliosa”.

V: Il vostro incontro, dove è avvenuto e in che modo?

R: È avvenuto in modo virtuale. Sui social, sia dal punto di vista personale che professionale, sono piuttosto in vista, un’esca abbastanza invitante per le persone con questo tipo di disturbo, perché di disturbo della personalità si tratta. Alcune si sgamano subito per ciò che sono realmente, ti concedi pure l’incontro ma sai bene che non è il caso di approfondire. Nel caso di Claudia, invece, le sue grandi doti e abilità non mi hanno minimamente fatto pensare che potesse essere un soggetto di questo tipo.

 V: E’ durata molto la fase virtuale prima di conoscervi dal vivo?

R: Sì, anche perché lei non vive a Milano, è di Bologna, quindi, c’è stata prima una conoscenza virtuale approfondita. In quella fase lei teneva molto a stabilire un contatto visivo con le videochiamate, teneva a stabilire, prima ancora che ci incontrassimo dal vivo, una sorta di specialità che aveva lo scopo di una prima manipolazione. Per esempio “Quanto mi piace quando indossi i dolcevita” … Sapendo che dovevo fare la videochiamata, mettevo spesso i maglioni dolcevita. Serve a capire quanto tu voglia fare colpo su di loro. Inventano e simulano delle abitudini per farti credere che hanno cose in comune con te. Lo scopo è inculcarti: “Guarda, solo noi due abbiamo questa particolarità, il che significa che siamo diversi dal resto del mondo e uniti da questa cosa”. Claudia ha fatto esattamente così durante la frequentazione dopodiché queste piccole, chiamiamole, manie che ci fondevano le sono sparite proprio perché, in realtà, non le aveva mai avute.

V: Quali sono state le tue sensazioni quando vi siete visti e lei come si è comportata?

R:Ci siamo incontrati qui a Milano, lei bellissima, estremamente magnetica. Abbiamo vissuto una giornata perfetta anche se ho avuto costantemente la sensazione che dicesse e facesse cose solo per impressionarmi, però l’attribuivo al fatto di voler fare colpo, che diciamoci la verità non è peccato all’inizio. Mettere in risalto i nostri aspetti migliori non è patologico, lo è spacciarsi per chi non si è. Lei però usava espressioni che per me poi sono diventati i famosi campanelli d’allarme, tipo: “Mi sembra di conoscerti da sempre”, come se si fosse già inserita in un’eternità e a stabilire l’unicità di questo legame, per dire “Già siamo speciali e perfetti”.

V: Quanto è durata la vostra relazione reale?

R: Sei mesi in tutto.

V: Vissuta più a Milano o Bologna?

R: Per una serie di motivi più a Bologna. Per me è stato massacrante quel periodo in cui facevo l’impossibile per incastrare i miei impegni con i suoi pur di trascorrere più tempo possibile con lei.

V: Lei lo apprezzava?

R: All’inizio sì, poi man mano sembrava che le fosse dovuto.

V: Viveva da sola?

R: Sì. Altra cosa che mi è sembrata strana, lei è divorziata con figli ma i figli vivono con il padre.

V: Non l’avrei detto che stessimo parlando di una mamma. Li hai conosciuti?

R: Me li ha fatti conoscere quasi subito, così come il resto della sua famiglia. Voleva che legassi con i bambini e, a tutti i costi, che gli presentassi i miei genitori ma non ho fatto in tempo. Lei mi accusava che la facessi sentire un’amante non una campagna, abbiamo discusso tanto su questa cosa. I miei amici e colleghi invece li conosceva, è stato naturale presentarglieli.

V: Perché non l’hai presentata ai tuoi?

R: Ho tempi diversi, una compagna la presento ai miei genitori dopo un determinato periodo e in virtù di una relazione solida. Con lei sentivo costantemente che ci fosse qualcosa che non andasse, troppe cose che non mi tornavano.

V: Con i tuoi amici hai rilevato atteggiamenti strani?

R: L’ho capito sempre dopo la relazione. Ci teneva tantissimo, anzi troppo, a dare una buona impressione di sé, non in maniera normale, credimi. Una volta, dopo una cena di lavoro con altri colleghi attori, in cui lei era con me, mi chiedeva di continuo cosa pensassero di lei. Pretendeva che li chiamassi per chiedere loro se gli fosse piaciuta o meno.

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V: Quando hai cominciato a percepire i primi campanelli d’allarme ed avvertire malessere?

R: Nella fase centrale della relazione, una dissonanza cognitiva assoluta. Per esempio, era un continuo “Ti amo, sei meraviglioso, non avrei potuto incontrare un uomo migliore, la nostra storia è fantastica… però far funzionare una relazione è difficilissimo. Le piccole attenzioni che mi dava nel primo periodo col tempo, poi, sono sparite gradualmente anche se lì per lì non ci ho dato peso. Man mano mi toglieva piccole cose che mi generavano una lieve ma costante inquietudine e quindi un malessere quasi impercettibile ma sempre presente. Dopo l’interruzione del “rinforzo positivo” progressivo arriva in modo brutale e quasi del tutto inaspettato lo scarto che viene attuato addossandoti le responsabilità di ogni cosa e facendoti credere di essere un totale delusione.

Io portavo sulle spalle il senso di colpa di non farla sentire abbastanza amata. Dopo episodi banalissimi a cui lei dava un’importanza immane, mi accusava velatamente di non essere poi l’uomo meraviglioso che credeva che fossi. In seguito a questi pretesti, invece di mandarla a fanculo, reagivo scusandomi per non aver interpretato il suo desiderio. Il fatto è che tra una stranezza e l’altra c’era tanta bellezza, anzi proprio per questo, a volte, credevo che i miei dubbi fossero immotivati e cercavo sempre di riportare la relazione a quella bellezza.

V: Episodi di svalutazione ce ne sono stati? Magari anche riguardo al tuo lavoro?

R: Nel lavoro mai, per come sono fatto io l’avrei mandata a quel paese e lei era scaltra, sapeva benissimo di non potersi spingere oltre quello che faceva, a piccole dosi. Mentre sul piano personale cominciava a togliermi anche autorevolezza, all’inizio ero un uomo meraviglioso come meraviglioso era tutto quello che facevo, invece, dopo cominciò ad avere da ridire anche su dettagli insignificanti come, ad esempio, il mio modo di tagliare il pane. Era cominciata la fase di svalutazione in cui lei era delusa per tutto quanto. Litigavamo? Non sei la persona sensibile che credevo che fossi”. Mi offendevo? Non sei la persona ironica che io pensavo di conoscere” Attenzione, attenzione sempre, alle frasi tipo non sei la persona che credevo che fossi poiché nascondono una chiarissima intenzione manipolatoria.

V: Qual è l’episodio che ti ha fatto più male?

R: Di sicuro il momento in cui mi ha lasciato, tra l’altro l’ha fatto per messaggio e il giorno dopo avermi detto, con tutto “l’amore” che provava per me, che nulla l’avrebbe resa più felice al mondo di avere un figlio con i miei occhi. Sempre a proposito di dissonanze cognitive, il giorno seguente mi ha inviato un vocale su whatsApp dicendomi: “Dovevo capire delle cose e ho capito che non ti amo”, quello che mi ha fatto più male è stato il tono, compiaciuto e cattivo della sua voce.

V: Praticamente un tono da “Ti sto facendo del male e me ne gongolo!”. Totalmente destabilizzante.

R: Esattamente. Infatti, quello che rende dolorosa l’esperienza col narcisista è proprio questo. In una relazione sana, che ad un certo punto va in crisi, la coppia lo sa bene e sa anche, semmai, che se non risolveranno le loro divergenze e che il rapporto potrebbe arrivare al termine. Nella relazione con il narcisista tutto questo non c’è. C’è una persona che fino a un attimo prima ti ha detto che ti ama e progetta di fare un figlio con te e l’attimo dopo ti molla perché non ti ama più. È un trauma!

V: È ritornata? I narcisisti ritornano sempre.

R: Sì, dopo una decina di giorni, con un messaggio di auguri per Natale che si concludeva così: “Spero che un giorno mi perdonerai per il male che ti ho fatto“, proprio come a dire tu non mi manchi un cazzo, io non sto soffrendo, quello che sta soffrendo sei tu. Inizialmente le volevo rispondere con tutta la rabbia che avevo dentro poi con grande autocontrollo le ho risposto: “Ma figurati, avrò sempre un ricordo bello di te.” Ci è rimasta secca, credimi! Lei si aspettava di trovare da questa parte una persona distrutta e reazioni pesanti. Io soffrivo, eh?! Ma mai avrei fatto il suo gioco.

V: Ti credo! Per loro le reazioni di rabbia sono nutrimento assoluto. Tu pensi di averla amata? Dico, anche razionalizzando col senno di poi, credi che per te sia stato proprio un sentimento d’amore?

R: Sì, ne sono convinto. Ho amato la persona che lei ha finto di essere e l’ho amata tanto.

V: Tu ne sei fuori e lo sei con una razionalità e lucidità incredibili.

R: Io ne sono uscito da solo e ho anche ricostruito tutto da solo. Però è necessaria una grandissima capacità analitica.

V: E sei stato eccezionale! Sei l’esempio perfetto di quanto sia fondamentale informarsi su questo fenomeno, analizzarlo ed elaborare l’esperienza. Questo è un “lavoro” che hai fatto tutto post relazione?

R: Sì, post relazione. Ho cominciato ad avere sospetti nella fase finale che sarà durata un mese.

V: Hai praticamente reso i primi sospetti l’inizio della fine.

R: Avevo troppa inquietudine, c’era una voce dentro me che ripeteva che più di qualcosa non andava e, ogni volta, che mettevo Claudia alla prova ne avevo sempre più conferma.

V: Quando hai capito che si trattasse di narcisismo patologico?

R: C’è da dire che prima di questa esperienza non sapevo nemmeno cosa fosse, poi dalla fine della storia ho compreso tanto anche delle relazioni precedenti. Contemporaneamente al fatto che cominciavo a percepire stranezze, ho cominciato per lavoro a studiare il ruolo di un narcisista e da lì ad approfondire l’argomento sia per la parte da recitare che per la mia vita reale.

V: Quindi hai smascherato Claudia, troncato la storia, elaborata e accantonata in tempi brevissimi. Perché ne sei fuori completamente, giusto? Non c’è stato un ritorno?

R: Lei ha provato a sondare il terreno, vedere la mia propensione nei suoi confronti con like e cuori sui social, con messaggi non espliciti ma facendo sentire la sua presenza. Si aspettava che in qualche modo mi facessi avanti io, non che sparissi senza cercarla mai più. Ha subito anche uno smacco constatando, tra le altre cose, che la mia vita stesse andando anche meglio rispetto a quando ero con lei. Miglioramenti in tutti gli aspetti, anche quello fisico, mi sono rimesso in forma perché comunque per tutta una serie di cose mi ero spento e lasciato andare.

V: Hai abbattuto anche la fase del ritorno. Loro tornano sempre e quasi sempre riescono nel loro intento.

Facciamo, però, un piccolo passo indietro perché contemporaneamente a questa storia, e qui arriva il colpo di scena, eri vittima della manipolazione di un’altra persona ma questo l’hai capito solo quando hai messo fine alla relazione con Claudia e hai fatto finalmente chiarezza sugli atteggiamenti tossici in generale.

R: Sì, e adesso entra in gioco quello che chiamo il “cattivo occulto”, occulto perché sembra buono invece è tra i più perfidi. In quel momento ma, in realtà, da tanti anni ero vittima della manipolazione di un uomo con il quale lavoravo spesso e che si è poi rivelato essere la persona più negativa, non solo della mia relazione con Claudia, ma di tutta la mia vita.

V: Raccontaci di questo cattivo che chiamiamo Paolo.

R: È un regista con un passato glorioso e un presente totalmente decadente.

È il più cattivo tra i cattivi perché non lo penseresti mai, è veramente una persona pericolosissima. Con Paolo ci lavoro da anni ed è diventato quasi subito un rapporto simbiotico che ha ben presto prevaricato il normale rapporto tra regista e attore. Sono diventato prima il suo confidente e poi l’incassatore di tutte le sue paturnie, ecco perché dico che, purtroppo, attiro persone tossiche.

V: Perché ribadiamo che i rapporti tossici si sviluppano anche in ambiti diversi da quello sentimentale.

Assolutamente sì. Il narcisismo patologico e i rapporti tossici si riconducono erroneamente sempre e solo alla sfera sentimentale mentre, invece, di quella lavorativa non se ne parla. Tra l’altro non è nemmeno un rapporto uomo/donna ma uomo/uomo, quindi, è ancora più subdolo come indice di pericolosità.

V: In che modo, Paolo, manifestava la sua tossicità?

R: Mi telefonava tutti i giorni, attenzione, tutti i giorni. Le mie giornate cominciavano con la telefonata di Paolo che partiva a raffica con “Eeh, Roberto, qui è finito tutto, tutto fermo, tutto in crisi, tutto morto… hanno distrutto un mercato, non c’è speranza…” Inondandomi con un mare di negatività.

Oppure quando lavoravo a qualche progetto che esulasse da lui?

 “Ah bello, sono felice per te ma va su un’emittente che ha 20 miliardi di telespettatori?”

“No!”

“Eeeh allora stai perdendo tempo, che lo fai a fare? Poi vedrai!”

E te ne potrei fare tanti di questi esempi. Lui mi smorzava l’entusiasmo per un successo mettendomi davanti l’ipotesi di un successo più grande ma del tutto irrealizzabile. Tutte queste cose ti spengono e ti risucchiano energie.

V: Non l’avevi minimamente percepita questa tattica? Pensavi fosse semplicemente parte del suo carattere?

R: Non l’avevo percepita. Io e lui litigavamo spesso, era evidente che fosse una persona negativa e ansiosa ma mai ho pensato che fosse in malafede, mai!

Questa storia è davvero machiavellica. Lei narcisista che vuole farmi credere che il manipolatore sia io, che poi alla fine della storia mi apre involontariamente gli occhi su un rapporto tossico lavorativo preesistente. Sai che oggi la ringrazio perfino? Mi ha permesso di fare chiarezza sulla tossicità di tanti rapporti che avevo.

V: Ti comprendo perfettamente. Paolo interferiva anche nella tua storia?

R: Sì, mi intossicava pure i momenti in cui ero a Bologna da lei, era capace di chiamarmi anche venti volte al giorno per dirmi che alcuni colleghi parlavano male di me. Ma non solo, non guarda in faccia niente e nessuno, interferiva anche nei momenti familiari più delicati. Un pomeriggio attendevo fuori dalla sala operatoria l’esito di un intervento complicato di mio nipote, e lui lo sapeva, mi ha chiamato per discutere di copioni (per film che non sarebbero mai stati girati)

V: Ma pensa! Dunque, oltre alla “modalità succhia energie” quotidiana ti creava realmente problemi al lavoro…

R: Mi faceva terra bruciata intorno, che per uno come me è dolorosissimo perché al mio lavoro ci tengo in modo viscerale, fino a quando non accaddero degli episodi che mi hanno aperto gli occhi. Paolo insisteva sul fatto che alcuni registi mi considerassero un pessimo attore, questo generava in me un malessere enorme, amplificato dal fatto che già vivevo lo stress della mia relazione sentimentale e dal fatto che io, al contrario, nutrivo ammirazione e stima profonda per i registi al quale si riferiva.

V: Carichi su carichi. Come mai non ti sei confrontato con i diretti interessati?

R: Perché Paolo ha collaborato spesso con loro e, ribadisco, non ho mai pensato alla sua malafede credendolo un mio caro amico. Poi è successo che, qualche settimana dopo, questi stessi registi mi hanno chiamato per offrirmi ruoli nei loro film, complimentandosi con me perché era da un po’ che mi studiavano. Quando ho mostrato la mia perplessità visto quello che mi era stato riportato, mi sono stati mostrati i messaggi in cui chiedevano il mio contatto telefonico a Paolo senza ricevere alcuna risposta.

V: Lavori ancora con Paolo?

R: Sì, capita ma ormai sa bene cosa penso di lui. Ho scritto un post su Facebook, forse proprio quello per il quale mi hai contattato tu, quello che trattava l’argomento. Non mi riferivo alla mia ultima compagna ma a Paolo che, tra l’altro, poco più tardi mi ha chiamato per chiedere spiegazioni su quanto avessi pubblicato, aveva capito perfettamente che fosse per lui e gliel’ho confermato.

V: Cazzo, che scoop, non l’avrei mai immaginato di Paolo!

R: È cattivo, lo è ancora di più perché è una vittima di sé stesso. Io gli voglio anche bene ma mi ha fatto troppo male perché poi parliamo di sette anni di manipolazione. Per fortuna ne sono uscito, non indenne perché ci ho perso davvero la salute, ma di sicuro più forte.

V: Secondo te Paolo è consapevole di questi suoi atteggiamenti e della sua personalità?

R: Probabilmente è inconsapevole però ha 60 anni non può non rendersi conto, soprattutto quando poi glielo si dice. Distrugge tutto e smorza qualunque entusiasmo perché nulla è mai sufficiente. Di persone come lui ne esistono tante, troppe, perciò ti dico che forse questa storia è molto più utile dell’altra. Nell’altra ci sono delle particolarità, nel senso che quando si parla di narcisismo si pensa sempre a delle cose macroscopiche, evidenti a tutti, mentre la mia dimostra che non è sempre così, che ci sono delle persone, anche per abilità personali e professionali, che sono capaci di dissimulare e mistificare in modo molto più scaltro. Questa lavorativa invece è ancora più raramente affrontata ed è importante quindi che se ne parli il più possibile.

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