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Paola

Storie Tossiche

Paola

Questa è la testimonianza di Paola, napoletana quarantaquattrenne, controllore di volo dalla personalità libera ed estremamente indipendente. L’esperienza che ci racconta invece risale a 18 anni fa quando di anni ne aveva 26 e faceva la cameriera in un ristorante di Londra prima di intraprendere la sua carriera negli aeroporti.

V: Come vi siete conosciuti tu e lui?

P: Entrambi eravamo arrivati a Londra da poco, lui dalla Malesia io dall’Italia, da Napoli. Eravamo colleghi in un ristorante, io lavoravo in sala, lui in cucina. Esteticamente all’inizio nemmeno mi piaceva e invece ad un certo punto iniziò a piacermi.

V: Cosa ha iniziato a piacerti?

P: Mi ha preso, man mano, la sua personalità, i suoi modi di fare. Era chiacchierone, sempre sorridente, disponibile, pensa che il primo impatto era quello di avere davanti una persona dolce e allegra.

V: Tu come stavi emotivamente?

P: Lavorativamente non ero soddisfatta, non volevo fare la cameriera, l’aeroporto è sempre stato il mio sogno ma sapevo che prima o poi si sarebbe realizzato. A parte questo è stato un bellissimo periodo della mia vita, a Londra ho conosciuto tanta gente, ricordo le uscite, la libertà, le nuove amicizie, avevo 26 anni ero giovane ed era tutto bello, mi rendeva felice anche il fatto di stare lì da sola.

V: Sei ed eri anche allora uno spirito libero con la voglia di indipendenza, immagino anche senza necessità di avere un uomo accanto.

P: No mai avuta, anzi ti dico che quando sono partita ero fidanzata da due anni a Napoli. Probabilmente non ero abbastanza innamorata, non so, fatto sta che sentivo solo la necessità di andare via da una città che mi stava stretta.

V: Prima hai detto che all’inizio non ti piaceva. Lui, invece, ti ha notata?

P: Probabilmente sì. Ma sai anche perché? È una cosa che ho notato frequentando lui e i suoi amici, essendo malesiani di origine srilankesi sono molto attratti dalle donne europee proprio perché sono più indipendenti rispetto alle donne del loro paese. Sono convinta che abbia gettato anche più ami, mentre dava attenzioni a me.

V: E quando l’interesse è diventato reciproco?

P: Lavoravamo insieme, dopo il lavoro si usciva in gruppo tra colleghi e amici, mi corteggiava, mi dava attenzioni… credo sia successo gradualmente senza che me ne rendessi conto.

V: Attenzioni sì ma non siamo di fronte a un love bombing plateale, mi pare di capire.

P: No, infatti, attenzioni tante ma mai assillanti. Però considera che la storia è cominciata abbastanza presto, dopo 5 mesi che ci siamo conosciuti già vivevamo insieme e da quel momento fino alla fine non ci siamo staccati mai più, la chiamavo simbiosi. Lui non usciva nemmeno più da solo, eh?! Ero più io che magari dopo il lavoro uscivo con qualche collega perché finivo il turno prima.

V: A lui faceva piacere questa cosa?

P: No, lui non voleva. Finiva di lavorare dopo di me. Accettava questa cosa perché la facevo e basta ma comunque dovevo farmi trovare a casa quando lui rientrava.

V: Non hai pensato a una forma di controllo?

P: No, all’inizio non l’avevo capito. Non ricordo le tempistiche ma più o meno all’inizio ci sono stati due episodi che avrebbero dovuto farmi capire che tipo di persona fosse ma nonostante la gravità, invece, ho lasciato correre.

V: Din din din… i campanelli d’allarme.

P: Eh, sì. Convivevamo da poco ed è arrivato il primo schiaffo. Invece nell’episodio che ora ti racconto non vivevamo ancora insieme. Andammo ad una festa in un locale, lui litigò con un tipo, un collega tra l’altro, ricordo la scena in cui prende un posacenere per spaccarglielo in testa. Cosa che non gli è riuscita perché c’è stata gente che è intervenuta impedendoglielo.

V: Altrimenti l’avrebbe fatto davvero?

P: Sì! Quella sera lui poi è venuto a casa mia ed è stato male tutta la notte, io cercavo di calmarlo ma lui era così rabbioso che non ci riuscivo. Nemmeno i miei coinquilini riuscivano a calmarlo, lui stava male perché non era riuscito a spaccare il posacenere in testa a quel tipo. Non era incazzato con me, non mi ha assolutamente toccata ma avrei dovuto pensare che di base fosse una persona violenta. Non l’ho pensato, ero solo incredula.

V: Quando avete pensato alla convivenza?

P: Eravamo già in questa sorta di simbiosi pur non abitando nella stessa casa, ci è venuto automatico prenderne una insieme. Ero innamoratissima.

V: Il passaggio da “Lui mi piace” a “Ne sono innamoratissima”?

P: Probabilmente il sesso ha fatto la sua parte, tra noi c’è stata sempre una forte chimica. Pensa che io ero ancora fidanzata con il mio ragazzo italiano quando avevo cominciato la storia con lui. Non ricordo nemmeno il primo bacio ma la prima volta che abbiamo fatto sesso sì.

V: Ah, già, il fidanzato italiano!

P: Quando venne a trovarmi il mio fidanzato non riuscii a starci insieme fisicamente e quando ritornò la volta seguente lo lasciai. Lì mi resi conto della differenza della chimica, del trasporto, per la serie “Non avevo provato niente fino ad ora!”

V: Quanto è durata questa storia?

P: Quattro anni.

V: Passiamo alla convivenza… abbiamo lasciato in sospeso l’episodio del primo schiaffo.

P: Sì, vivevamo da poco insieme, ci eravamo messi a letto e “sbam!”, arrivò questo schiaffo. Perché eravamo usciti e probabilmente avrò scambiato una parola con qualcuno ma ancora oggi ne ignoro il motivo. Ricordo che fuori al locale con un gesto, forse una spinta o già un tentativo di schiaffo, mi strappò via la fascia che avevo nei capelli. Già lì, chiedevo cosa fosse successo e perché si stesse comportando in quel modo ma lui niente, non una parola, cambiò espressione. Cominciò a trasformarsi, non so come spiegartelo.

V: Ti assicuro che non hai bisogno di spiegarmelo, le conosco bene quelle trasformazioni, posso solo comprendere.

P: Mi trovavo davanti ogni volta due persone totalmente opposte l’una dall’altra. Comunque, rientrammo a casa e ci mettemmo a letto che lui era ancora incazzato nero; dunque, riprovai a chiedere spiegazioni ripercorrendo la serata nella mia mente e mi arrivò di risposta solo questo schiaffo. Dopodiché mentre ero sconvolta e in lacrime lui mi abbracciò e mi chiese scusa. Ecco le due persone opposte che intendevo.

V: “Ogni volta”, quindi al primo schiaffo ne sono seguiti altri?

P: Si, spesso. Si è rivelato da quel momento in poi effettivamente un uomo violento. E se non era violenza fisica era violenza verbale, umiliazioni e insulti per nulla. Una sera andammo a ballare, uscivamo spesso soli, lui si allontanò per andare a prendere da bere, un ragazzo italiano mi si avvicinò e voleva chiacchierare, ricordo di avergli detto così: “Ti dispiace allontanarti perché non sia mai il mio ragazzo mi vede parlare con qualcuno.” Ero terrorizzata.

V: Terribile!

P: Sì, questa cosa me la ricordo come fosse ieri, sono quelle cose che ti restano impresse, percepisco ancora distintamente il terrore che mi prese quando questo ragazzo mi si avvicinò. Se ci penso oggi non sta né in cielo né in terra, invece io l’ho fatto perché lì non sai come può finire, anzi in realtà lo sai e cerchi di evitarlo in tutti i modi. Nonostante tutto però c’era sempre questa simbiosi tra noi.

V: E nonostante questo terrore ti sentivi sempre innamorata?

P: Sì, profondamente.

V: Non ha mai vacillato questo sentimento d’amore nei suoi confronti?

P: Ah sì sì ma è venuto molto dopo. Certo vacilli nel sentimento e sei molto più concentrata sul da farsi perché ad un certo punto lo sai che qualcosa devi fare. Avrei davvero voluto andare via ma non ci riuscivo. Ero confusa, cercavo sempre di riportare la relazione al all’idillio dell’inizio. Perché i quattro anni di inferno hanno avuto degli intervalli di cose belle e lì hai la speranza che il brutto sia alle spalle una volta per tutte. Invece ad ogni episodio si rivelava sempre peggio. Ci sono state volte in cui non sono rientrata a casa con lui, una sera in particolare mi ha picchiata durante una lite per strada, riuscii a scappare e rifugiarmi in un albergo.

V: E lui?

P: Aveva sempre reazioni che riscontravo e scontavo quando poi ritornavo a casa. Nel caso di questa particolare notte mi fece sparire il passaporto, non l’ho trovato per un bel po’, poi me l’ha restituito. Durante le mie assenze le minacce telefoniche su tutto quello che mi avrebbe fatto appena gli sarei stata di nuovo sottomano erano continue. Una volta trovai la mia biancheria intima tagliata, te l’avevo accennato.

V: Sì, ce lo racconti?

P: Tutta tagliata a pezzettini. Lui mi regalava tante cose intime, aprii il mio cassetto della biancheria e la trovai in versione coriandoli.

Poi, sai, ricordo perfettamente gli episodi di violenza ma non riesco a collegarne i motivi che li scatenavano, probabilmente perché erano sempre motivi futili e forse, a volte, non c’erano nemmeno quelli.

V: Ecco appunto, non li ricordi perché fondamentalmente i motivi non ci sono. Per loro ci sono solo pretesti e ogni pretesto è ottimo per innescare reazioni.

P: Esatto, i motivi erano “perché ti sei vestita così”, “perché sei uscita”, “perché hai chiacchierato con un cliente o addirittura gli hai sorriso” …Prendevo ordinazioni ai tavoli, cos’altro avrei potuto fare?! Per non parlare dei complimenti da parte di altre persone, uomini o donne che fossero. Una volta una donna in un negozio mi disse che ero bella e lui rispose “Roba da metterle il burqa”. E quella volta che i nostri amici organizzarono una giornata all’acqua park e non ci siamo andati perché “tu in costume non ti ci metti!” Ti rendi conto?!

V: Eh sì, mi rendo conto. E queste cose le hai accettate per il famoso quieto vivere…

P: Le accettavo ma poi il mio carattere in qualche modo provava a venire fuori, tante litigate si innescavano perché spesso io facevo ciò che mi impediva di fare. Non voleva che frequentassi le mie due migliori amiche, non le tollerava, una era mezza troia l’altra beveva troppo e quindi non andavano bene per me ma ovviamente non era vero.

V: Certo, le persone che ci circondano non vanno mai bene. E si procede verso l’isolamento.

P: Sì, anche perché temi le umiliazioni e cerchi di evitarle. Una sera siamo usciti con una mia amica e il suo ragazzo, a cena al ristorante mi mollò uno schiaffo così davanti a loro all’improvviso, chissà cosa avrò detto. Davanti agli altri mi faceva fare sempre brutte figure, mi trattava malissimo. Una volta mi puntò un coltello in faccia.

V: Un coltello… davanti ad altre persone?

P: No, eravamo a casa da soli, è che mi stanno venendo in mente episodi a raffica mentre parliamo. Eravamo sul divano.

V: Quindi non è stato un raptus mentre ce l’aveva già in mano che tagliava qualcosa.

P: No no, durante una discussione si è alzato dal divano ed è andato a prendere un coltello. A casa si scatenava proprio. Diventava una furia, pensa che avevamo due buchi nella parete, l’aveva bucata con i pugni. Immagina la forza che aveva.

V: Questi episodi ti hanno fatto capire che eri impelagata in una relazione tossica?

P: Ci sono arrivata molto dopo, non l’avevo capito nemmeno standoci dentro. Ho realizzato che dovevo andarmene perché era diventato estremamente pericoloso. All’inizio è stato tutto bello e veloce, l’episodio del posacenere non l’avevo avvertito come campanello d’allarme, non vai all’idea che la stessa persona che non ha spaccato il posacenere in testa a quel tipo un giorno ti avrebbe messo le mani addosso e ti avrebbe reso la vita un inferno. No, non ci pensi. Ad un certo punto, però, ero così satura che ho avuto persino un rifiuto sessuale nei suoi confronti, non mi era mai capitato, era verso la fine della relazione e pensai “ah, finalmente!”.

V: Neppure al primo schiaffo hai pensato: “succederà ancora”?

P: Sì, lì ci pensi. È quello che ho vissuto più male. Ero innamorata. Al primo schiaffo in teoria dovresti andare via ma non succede, non lo fai, almeno io non l’ho fatto. Pensi prima che sia un episodio singolare o addirittura che davvero hai fatto qualcosa per meritare quello schiaffo.

V: Hai detto che comunque i momenti belli li avete vissuti, il tuo malessere si alternava in base a quei momenti o restava comunque costante?

P: No, non si alternava, quello ce l’hai sempre. Il malessere quando ti arriva è costante nonostante i momenti belli perché tu ormai entri in un loop e sai che prima o poi la reazione si scatenerà, stai sempre sul chi va là e non sei mai più te stessa

V: La fine della relazione com’è avvenuta? E lui l’ha accettata?

P: No assolutamente. Ho preso casa per fatti miei e subito dopo sono andata in vacanza con un’amica. Mi ha fatto passare l’inferno, mi telefonava e messaggiava di continuo insultandomi e minacciandomi e io piangevo, ho pianto per tutta la vacanza perché ero riuscita a staccarmi ma ne ero innamorata. Quando sono tornata ho fatto il trasloco definitivo in un’altra casa durante il quale ci sono stati anche dei rapporti intimi tra noi ma sono andata ugualmente fino in fondo. Qualche volta mi chiamava dalla metro e minacciava di ammazzarsi. Ovviamente non si è ammazzato.

V: E com’è andata a finire?

P: Quando ho lasciato definitivamente casa è andato via, è ritornato in Malesia. Ah, e manca un particolare: quando ci siamo lasciati mentre lui faceva su e giù Londra-Malesia, prima di ritrasferirsi definitivamente nel suo Paese, ha messo incinta l’ex moglie mentre non voleva che lo lasciassi. L’ho saputo dopo, mi ha mandato una foto con suo figlio.

V: Perché negli anni ti ha cercata ancora?

P: Sì, sempre. O direttamente o tramite altre persone. Poi dopo dieci anni mi ha inviato la foto di un altro figlio avuto con un’altra donna ancora. L’ultima volta che mi ha cercata è stata tre anni fa. Non gli ho mai risposto e ho bloccato il suo ennesimo numero.

V: Abbiamo ripercorso la storia, ti chiedo ancora: era amore?

P: Sì! Io penso di averlo amato nonostante tutto mentre lui sicuramente era una persona disturbata. Di fondo è quello che ha vissuto in famiglia da quello che raccontava, mi parlava del papà che era violento con la mamma. Ho saputo in seguito che lui era violento anche con l’ex moglie.

V: Pensi che questa storia ti abbia lasciato qualche trauma?

P: Gli uomini con me non possono permettersi di alzare la voce, non riesco a tollerarlo. Mi blocco completamente, non riesco a reagire se alzi la voce.

V: Dopo di lui hai avuto altre relazioni più o meno serie o lunghe?

Mai più. Mi sono innamorata di un uomo sposato e abbiamo avuto una lunga storia ma non posso definirla una relazione mia assolutamente. Chissà che non faccia parte di una reazione al trauma subito, ci sto riflettendo in questo momento.

V: Cosa ti ha lasciato questa storia?

P: I primi anni ci ho pensato tanto a lui, ci ho pianto, addirittura mi mancava nonostante vedessi anche altri uomini. Poi è passato, non so nemmeno quando esattamente.

V: Oggi ne sei fuori?

P: Sì, da anni ormai. La mia fortuna è stata quella di essere ritornati nelle nostre rispettive città. Nello stesso luogo, se un uomo si fissa, diventa più complicato di sicuro scrollarselo di dosso… anzi chi ha vissuto questa storia con me, amiche e amici intendo, diceva: “Paola, per fortuna è andato via altrimenti non sarebbe finita bene per te”.

V: Come vivi oggi le relazioni?

P: La domanda di riserva c’è?

V: Mmh, vediamo… questa esperienza insegna?

P: Sì! Sono sicura che non mi capiterà mai più un uomo violento. E spero possa essere una testimonianza utile per altre persone.

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